DURATION
Le persone non discutono di contenuti, a malapena dei titoli. Il mio tempo è troppo scarso per discutere di titoli. Voglio l’essenza, la mia anima ha fretta… L’essenziale è ciò che fa sì che la vita valga la pena di essere vissuta.
Mario Andrade
In questi giorni c’è una notizia in particolare che mi pare si sia un po’ persa nel flusso incessante di flash & chiacchiere da bar dei vari media:
il Sole 24Ore è scivolato in una crisi talmente profonda che ormai si parla di “dissesto della società editrice”. (1)
Il titolo in Borsa ha perso il 93% rispetto alle quotazioni di esordio nel 2007 e il gruppo editoriale fa acqua da tutte le parti: perde copie e soldi (50 milioni solo nei primi sei mesi dell’anno). Più che altro sembra un Sole al tramonto. Al di là delle polemiche sulla gestione aziendale, la cosa mi colpisce. Forse perché il Sole era la bibbia indiscussa sulla quale tanti anni fa cercavo faticosamente di imparare qualcosa. Che poi ti toccava comprare il terribile tomo da 400 pagine “Come si legge il Sole 24Ore” (relegato al ruolo di fermaporte dopo l’ennesima catalessi che ti prendeva già a pag. 2). O forse la cosa mi colpisce perché oggi non si leggono più i giornali. Non si approfondisce: non c’è tempo. Non si vuole trovare il tempo. Si preferisce leggiucchiare i titoli delle news che scorrono a fondo schermo. O i flash che ti arrivano sullo smartphone. Ma che ce ne facciamo dei titoli? Si fa il super zapping sul web, dove ognuno gratta qualche frammento di notizia eterea, con cui immagina poi una realtà tutta sua, pensando di aver capito. Che invece per capire qualcosa bisogna approfondire e faticare, leggere e rileggere, saper scegliere e scartare, cercare nuovi significati e creare nuove connessioni…
Oggi invece si accumula in fretta qualche riga di informazione giusto per non sfigurare, oppure per fare il Sapientino e magari sparare raffiche di domande (“cosa ne pensi di?… come la vedi?…”) giusto per vedere se la sai.
Mentre gli interminabili Power Point con le loro slides scorrono nel disinteresse generale praticamente in tutte le riunioni, meeting e convention sul pianeta Terra.
Il Sole in crisi mi ha fatto tornare a quando ti ritagliavi una spazio-tempo dedicato all’approfondimento e alla concentrazione. Come quando mandavi una cartolina e dovevi fermati a pensare cosa trasmettere a chi l’avrebbe ricevuta. Perché lo scritto emanava la tua energia, e su quella carta erano impressi i tuoi sentimenti. Invece di sparare un selfie su whatsapp.
Forse c’è questa paura che sforzarsi, faticare, faccia male; mentre poi perdiamo l’uso della memoria, assuefatti a usare quella di Google.
L’altro giorno la professoressa di matematica della prima media ci teneva a ribadire ai genitori: “Mi raccomando, se i ragazzi fanno fatica con i calcoli dite loro che possono portare la calcolatrice a scuola…”
Ma siano matti? Se fanno fatica, che ne facciano un po’ di più…
Forse la crisi del Sole 24Ore è anche figlia di tutto ciò. Che per leggerlo dovevi faticare a tradurre termini complicati, come duration…
“Credo di aver sviluppato una duration particolarmente lunga” diceva appunto pochi giorni fa Padre Graziano, il tesoriere dell’Opera Pia Immacolata Addolorata.
La Bella Figheira, la sua private banker, rimase perplessa, non senza un lampo di interesse nello sguardo. Probabilmente pensava che la duration fosse una misura della prestazioni amatorie maschili. Da consulente vecchio stampo, venuta su assieme alle colonne di marmo delle filiali-cattedrali, aveva sempre basato la sua attività professionale su poche semplici regole di provata efficacia: un tacco 12, un po’ di coscia e un bel report satinato alto quanto una risma pieno di grafici a colori. Il cui contenuto tecnico le risultava però piuttosto oscuro. Inoltre, da quando suo marito l’aveva lasciata, per risposarsi con un altro marito (e un utero cinese in affitto da cui hanno avuto due bambini in leasing con maxi rata finale), lei era diventata particolarmente sensibile a certe tematiche – dedicando ogni attimo libero strappato a riunioni, budget, viaggi premio e gruppi whatsapp – alla ricerca di un senso più profondo, fra corsi di tantra yoga, zumba per cougar e toy-boy tatuati (anche se l’ultimo, il maestro di zumba, gli era scappato dopo tre giorni che era ammanettato al baldacchino del letto).
Così, non ebbe la sua solita risposta pronta quando Padre Graziano le disse, con gli occhi un po’ infossati, di non dormire bene la notte a causa della duration troppo lunga.
Il realtà la duration è un termine che si riferisce alla volatilità delle obbligazioni. E’ il termine che spiega perché anche con i bond si possono perdere un sacco di soldi (anche se l’emittente non fallisce stile Argentina). Sono concetti quasi impossibili da spiegare alla signora Pina, convintissima che con le obbligazioni non si può perdere. O a Bottavio, che quando sente in tv che i tassi salgono si mette a brindare, mentre dovrebbe vestirsi a lutto per il suo portafoglio.
Per farla breve, la duration è un indicatore che dice di quanto varia il prezzo di un bond al variare di un punto percentuale dei tassi di interesse. E’ legato alla durata, la scadenza del bond: più è lungo maggiore la duration (e più alto l’interesse della Bella Figheira…). Ed è una relazione inversa: al salire dei tassi (rendimenti) scende il prezzo del titolo.
Una cosa davvero ostica da recepire. Un po’ come convincere oggi un bambino che vive nel tablet, che a Natale i regali li porta la slitta con le renne volanti e non un drone di Amazon.
Oggi sappiamo che, grazie alla financial repression delle banche centrali, i tassi sono a zero (e in molti casi anche negativi). Quindi, cosa succederà ai bond quando i tassi saliranno dell’1%? Ce lo dice la duration.
Il fatto è che in questi anni, via via che i tassi scendevano i portafogli delle varie signore Pine alla ricerca delle cedole perdute si sono progressivamente riempiti di bond con duration sempre più alta (oltre a riempirsi di bond con rischio emittente e/o subordinati, che oggi paga il cedolone e domani magari fallisce).
Con tutta questa richiesta di bond anche le aziende corporate sono andate a nozze, emettendone – cioè indebitandosi – a più non posso. Dal 2008-09, in pratica dall’inizio dei grandi interventi dei banchieri centrali, hanno più che raddoppiato il loro indebitamento (emettendo i bond che compra la signora Pina):
Poi l’azienda usa i soldi per comprare le propie azioni (così il titolo sale in Borsa e il management può incassare le stock option) e licenzia qualche migliaio di ruoli obsoleti, travolti dalla deflazione tecnologica (come ad esempio ha appena fatto Microsoft, emettendo un mega bond da 20 miliardi e subito dopo annunciando massicci riacquisti di azioni proprie e 5000 licenziamenti).
Tornando alla duration, l’altro giorno Bottavio si è buttato a capofittto nell’emissione del nuovo Btp con scadenza… 2067. Rendimento annuo 2,5%. Duration: 26. Così, quando i tassi saliranno (ed è un “quando”, non un “se”), diciamo dell’1%, i Btp di Bottavio scenderanno del 26% in un paio di minuti. E quando i tassi salgono ancora, il bond continua a scendere: -40, -50% e via così.
La signora Pina, più prudente, ha un pacchetto di bond con scadenze più o meno decennali. Rendimento medio annuo 1,6% e duration 8. Che quando i tassi saliranno di 2 punti il portafoglio scenderà del 16%, mangiandosi in un minutino i rendimenti per i prossimi 10 anni.
L’ultima follia sono i bond subordinati emessi ora a tonnellate dalle mega banche giapponesi, i cosiddetti Perpetual, che non hanno scadenza (a meno che il loro valore non venga azzerato per dissesto della banca, come ben si sa in Europa) e nel frattempo offrono un rendimento dell’1% annuo. Una cedola che dev’essere parsa irresistibile ai Fondi Pensione e Compagnie assicurative, che ci si sono buttati come mosche sullo sterco fumante per gestire al meglio i soldi di clienti e pensionati. (2)
Non mi pare ci voglia il Nobel in economia per capire che finirà malissimo. Eppure chissàperché, c’è un sacco di gente che non ci pensa.
Oh, a proposito. In questi giorni si assegnano i premi Nobel e siamo particolarmente lieti che il Nobel per l’economia sia stato giustamente conferito a una nostra vecchia conoscenza: Toshiro Sonamazza, il capo strategist della Boscoli & Associates.
Come forse avete notato, i F.lli Boscoli – inventori della tecnica di investimento con il senno di poi – ultimamente si sono visti pochino su Bassa Finanza. Il motivo è che sono impegnatissimi nella creazione (proprio assieme a Toshiro, l’economista di Fukushima) di un nuovo prodotto che offrirà un rendimento del 5% garantito e rischio zero. Pare che siano ai ritocchi finali. Ma nel frattempo, da signori vecchio stampo quali sono, ci hanno inviato una cartolina da Stoccolma, sede del premio Nobel, che qui condividiamo volentieri:
Carissimi,
vi scriviamo da Stoccolma, meravigliosa città con i suoi minareti e le tipiche architetture arabescate. E’ davvero piena di turisti: comitive di giovani piuttosto nerboruti che sbarcano in continuazione. E’ un piacere vedere con quale avida passione per la cultura questi giovani si accalchino letteralmente per toccare con mano le bellezze locali. E non si trova una camera d’albergo decente: tutti i quatto e cinque stelle sono occupati da loro e non siamo riusciti a prenotare. Per fortuna all’arrivo, sbarcati dal traghetto assieme a un gruppo di giovanotti (probabilmente una delegazione africana per il Nobel), siamo stati subito accolti dall’ente per il turismo “Profugh Asylum Tourism” che ci ha riservato una suite con pasti gratis e addirittura una diaria per le spese quotidiane. In Svezia sono avanti! Speriamo che anche il resto d’Europa si adegui presto… Un caro saluto da Livio e Ugo Boscoli
Tornando al premio, la motivazione ufficiale per il Nobel a Toshiro Sonamazza è:
“Con i suoi studi è riuscito a dimostrare in modo inconfutabile e scientifico che gli economisti o ci sono o ci fanno”.
Una teoria che Bassa Finanza sposa da tempo. A volte – senza accorgersene – lo ammettono loro stessi; magari gli sfugge durante un’intervista. Qui John Taylor, professore emerito e creatore di un modello economico omonimo (la Taylor Rule) osannato e utilizzato da governi e banche centrali per le scelte di politica monetaria, tassi di interesse, etc.. Dice candidamente all’intervistatore:
“The macro models we have don’t really incorporate that financial-sector behavior…” (3)
Cioè:
I modelli che utilizziamo, in realtà non incorporano le dinamiche del settore finanziario.
Lo ripeto, se fosse sfuggito: i modelli economico-matematico-statistici creati dagli economisti e utilizzati dalle Banche Centrali per gestire le scelte e le previsioni nelle politiche economiche (e quindi anche occupazionali) che riguardano tutti noi… non tengono conto di quel che accade nei mercati finanziari. Un po’ come fare le previsioni del tempo senza considerare le nuvole.
Viva viva Toshiro Sonamazza, quindi.
Sarà forse per questo che il tanto sbandierato Quantitative Easing (qe) in realtà non fa una mazza per la crescita economica reale. Per ogni 18 euro “stampati” dalla Bce nel 2016 si è ottenuto 1 euro di crescita:
Il fatto è che questi fiumi di denaro hanno creato due cose.
Prima di tutto le bolle degli asset finanziari. Come nel 2000 e nel 2007 l’alta finanza di borse e bond si è ormai abbondantemente distaccata dall’economia reale (crescita del pil, in rosso). Chissà come andrà a finire:
Inoltre, i fiumi di denaro facile (per alcuni ma non per tutti) hanno creato un eccesso di capacità produttiva (offerta), mentre la domanda (consumi) della gente comune in affanno non ce la fa ad assorbirla. Il 90% delle merci nel mondo viene trasportata via mare. L’altro giorno è fallita una delle più grandi compagnie di navi container, la coreana Hanjin.
Aveva costruito troppe navi per trasportare troppe merci (in base alle proiezioni del qe e del denaro facile), che a quanto pare non trovano acquirenti. Ora le sue navi vagano per i mari con 500mila container e praticamente non sanno dove attraccare. (4)
Il Baltic Dry Index misura l’andamento dei noli marittimi: quanto costa noleggiare un cargo. I prezzi dei noleggi calano quando ci sono troppe navi in giro (eccesso di offerta) e poca domanda. Siamo ai minimi degli ultimi 30 anni (dopo aver perso il 90% e rotti dal picco del 2007):
Così, anche per i trend considerati inarrestabili, come lo sviluppo della banda larga per internet, ci si accorge di punto in bianco che si è ecceduto con l’ottimismo e le cose non vanno poi così bene. Ericsson, colosso da 160 miliardi e principale player della infrastruttura tecnologica per internet e telefonia, si è appena accorta che forse i mercati avevano esagerato un po’ nelle previsioni di crescita. Matuguarda:
Così, pare che governi e banche centrali (guidate da economisti che non capiscono la finanza) stiano creando eccessi di offerta proprio mentre siamo nel bel mezzo della rivoluzione tecnologica che fa diminuire la domanda di impiegati in banca, di operai in fabbrica, di addetti alle vendite… licenziati per tagliare i costi o sostituiti dai robottini hi-tech.
A proposito: anche gli hedge funds, il nonplusultra della gestione dei risparmi, stanno chiudendo e cadendo come mosche, falcidiati dalla politica dei tassi a zero (che oltre a stroncare i profitti delle banche in genere, rende insostenibili le alte commissioni di gestione) e dal non riuscire più a generare performance, dato che il Mercato non c’è più e nessuno ci capisce più una mazza.
In questi anni, invece di avvinghiarsi in strategie di asset allocation più o meno sofisticate, sarebbe bastato comprare un etf, un prodotto che si limita a seguire (replicare) un indice. Ormai lo fa anche la Banca Centrale del Giappone, che per tenere a galla la Borsa di Tokyo ha iniziato a comprare in modo massiccio etf sulle azioni nipponiche (mossa che si presume verrà seguita a breve da Bce e Fed). Figo, no?
No, perché se tutti comprano etf, i soldi vengono investiti indistintamente in tutte le aziende che compongono l’indice. Non c’è più la selezione naturale che farebbe il mercato, premiando le aziende migliori e punendo le peggiori. E’ un po’ come distribuire miliardi sulla base di un 6 politico per tutti. Un’altra bolla, insomma. Bolle su bolle.
E allora… e ora che si fa?
Non so voi, ma a me pare di vedere nubi un po’ dovunque, anche se il tempo sembra abbastanza sereno.
Banche e megabanche che traballano, assetti geo politici che traballano, soldatini e missilini che vengono mandati a presidiare i confini come se fossimo al torneo di Risiko; bombardamenti a destra e manca (con i media piuttosto distratti sullo Yemen), tensioni economiche e sociali che montano qua e là, guerre e colonizzazioni finanziarie ovunque… In tutto questo, i mercati – sia bond che azioni – si comportano come se stessero guardando un altro pianeta. Mah.
I Portafogli Colorati sono stati aggiornati e come sempre li trovate nel sito. L’altro giorno è scattato un trailing stop. L’Etf Dax Global Mining (azioni minerarie aurifere), dopo un corsa da +110% da inizio anno ha invertito la rotta – almeno per ora – incontrando il 5 ottobre il trailing stop che nel frattempo era salito con lui. Si esce catturando un +51,22% in 11 mesi. Ricordo che tutte le posizioni chiuse, dal 2010 a oggi, si trovano nel sito alla sezione Tools.
Nel frattempo, mentre la duration si prepara a colpire i bond e il petrolio cerca di risvegliarsi, sui mercati azionari ci sono parecchi segni di deterioramento. La Disney ad esempio ha preso una china discendente arrivando ormai a flirtare col trailing stop. E nel caso, pronti a vendere.
Così, tenderei in genere a non fare proprio niente. Se non fosse per un trend che mi pare interessante: la robotica. Si va dai robot “tradizionali” dell’automazione nelle fabbriche, alle auto che guidano da sole (che non si sa se sia meglio un computer al volante o quell’idiota che ti sorpassa in autostrada mentre chatta su whatsapp), alle super tecnologie in campo chirurgico. C’è un fondo della Pictet specializzato su questo tema in forte evoluzione – futuribile, è il caso di dire – con un portafoglio globale di azioni. Sulle prime la faccenda mi appariva un po’ inquietante, immaginando cose tipo Terminator e la rivolta degli androidi. Pensandoci meglio però, mi pare che faccia parte della rivoluzione tecnologica in cui viviamo. Piuttosto che odiarla o amarla bisognerebbe forse, semplicemente, viverci. Senza esserne posseduti. Il quantitativo di umanità e relazioni umane nella mia vita dipende da me e non certo da un robottino.
Ovviamente si va in un investimento speculativo; adatto quindi al Portafoglio Bolla Fucsia, dove compro:
- Pictet Robotics R eur, cod. isin: LU1279334483
Ora mi scuso, forse sono andato un po’ lungo. Magari la prossima volta, un giorno, cercherò di essere molto più corto. La Rete è già piena di siti e blog che scoppiettano da mattina a sera con commenti & suggerimenti, ed io non vorrei prendere troppo Tempo…
Come dice lo scrittore citato all’inizio:
“Ho contato i miei anni ed ho scoperto che ho meno tempo da vivere da qui in avanti di quanto non ne abbia già vissuti.
Mi sento come quel bambino che ha vinto una confezione di caramelle e le prime le ha mangiate velocemente, ma quando si è accorto che ne rimanevano poche ha iniziato ad assaporarle con calma…
Le persone non discutono di contenuti, a malapena dei titoli.
Il mio tempo è troppo scarso per discutere di titoli.
Voglio l’essenza, la mia anima ha fretta…
Voglio vivere accanto a della gente umana, molto umana.
Che sappia sorridere dei propri errori.
Che non si gonfi di vittorie.
Che non sfugga alle proprie responsabilità…
L’essenziale è ciò che fa sì che la vita valga la pena di essere vissuta.
Voglio circondarmi di gente che sappia arrivare al cuore delle persone…”
Perché alla fine è solo il cuore che conta.
Come scriveva Rumi, il poeta Sufi persiano, quasi 800 anni fa:
“Purificato, il cuore diventa allora un limpido specchio in cui si riflettono le infinite forme e gli infiniti colori…
Coloro che hanno purificato il cuore non hanno alcun timore…”
Si potrebbe allora impiegare il Tempo per levare paure e timori, guarire ferite. Un abbraccio ai propri figli, una parola di incoraggiamento, una battuta per sdrammatizzare; una ninna nanna al nipotino. Comunque, essere presenti, resettando le priorità, prima che sia tardi o che altri lo decidano per te.
O, semplicemente, fermare il Tempo per ascoltare quel bambino (o bambina) che tutti abbiamo dentro e che ci chiede attenzione. Ha bisogno di aiuto per guarire le ferite antiche.
Vi lascio con un brano di musica (segnalato da F.D., che ringrazio), di quelli che bisogna ritagliarsi il tempo, lo spazio e il silenzio. Proprio come quando si leggeva il giornale, riflettendo.
E chi mai avrà oggi ben 13 minuti di tempo per ascoltarlo?
p.s.
Tutta la redazione di Bassa Finanza (cioè io e Dolores) vi manda un caro saluto. Ci vediamo verso Natale, se tutto va bene, che siamo un po’ troppo presi con le mille faccende dove – ahimé – i robot non sono ancora arrivati.
Nel frattempo i Portafogli Colorati verranno aggiornati come sempre, e se ci sarà qualche novità manderò un flash…
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