RIVOLUZIONE UMANA
"Usa il tuo cuore per amare qualcuno.
E se il tuo cuore è abbastanza grande, usalo per amare tutti."
Stevie Wonder
Sono qui che guardo questi appunti, faccio continue scorribande su e giù per il monitor: dall’ultima news ho raccolto 50 pagine di grafici, notizie, analisi… E però sono ancora qui. Cosa posso scrivere – mi chiedo – che non sia trattato alla noia, se la Bce alza i tassi, o il Nasaq fa -2%, o “cosanepensi di Trump”?
L’altra notte ho fatto un sogno. Ero in una specie di cortile, pieno di cianfrusaglie e roba varia accatastata. Un luogo noto, ma anche ignoto; come avviene nei sogni. A un certo punto arriva qualcuno: un personaggio che abita in quella dimensione. Si presenta da me e rovista nella catasta con aria un po’ perplessa. Prende un vecchio computer portatile (uno vero, che ho ancora) e mi dice che lo devo buttar via.
In genere do’ molta importanza ai sogni. Non c’è niente di casuale quando la tua altra dimensione cerca di dirti qualcosa, approfittando mentre la razionalità sonnecchia.
Questo cortile era un po’ trasandato, con delle piante rinsecchite, dei calcinacci, tante cose buttate in un angolo e dimenticate…
Ovviamente sono io, in qualche modo.
Mi si dice che devo buttare via qualcosa. Qualcosa di apparentemente importante, come un computer portatile, zeppo di chissà quante cose. Che forse non sono poi così importanti. E poi dare acqua alle piante, recuperare cose trascurate… Ridare vita.
La frase di Stevie Wonder – lui racconta durante un concerto – gliel’ha detta sua madre, apparsagli in sogno poco tempo dopo la sua morte. Ancora sogni, buffo no? Sarà forse per questo che mi torna sempre in mente:
"Usa il tuo cuore per amare qualcuno.
E se il tuo cuore è abbastanza grande, usalo per amare tutti."
Il fatto è, credo, che ci si dimentica spesso che amare tutti significa anche (o forse prima di tutto) amare sé stessi, volersi bene.
Chilavrebbemaidetto.
Amarsi un po’ (come diceva Battisti), ma non nel senso egoico che dilaga oggi.
Volersi bene è trovare un senso, uno spazio, una misura, una cura. Una cura di e per sé stessi, per potersi riprendere il tempo e le priorità. Tempo per riflettere, vedere i dettagli, occuparsi di quelle piccole cose che hanno effetti giganti, come quando in una giornata buia basta una parola d’incoraggiamento per farti rinascere. Occuparsi delle persone. Sorridere.
Una rivoluzione dentro, rivoluzione umana, appunto - qui e ora - oggi che dove ti rigiri ti spremono, nelle morse dell’estrattore che gira; che sempre più gente se ne va, stritolata da mali silenti o salta all’improvviso…
Che ti chiedi dov’è che sarebbe aumentata la qualità della vita, come dicono i libri di scuola.
Sì, certo, ma nel senso forse che non si muore più di vecchiaia, non si muore qui di vaiolo, o di fame… Invece si muore di cibo, e si invecchia da soli, uccisi dalle medicine. Mentre i coniugi si accoltellano, le vecchine si danno fuoco, i teen agers si buttano dai palazzi e la gente si ammala nella testa e nel corpo di cose che non si vedono.
Una rivoluzione umana, ci vuole. Per levarti la tristezza da dentro.
Ci si chiede: come?
Le soluzioni sono già. E’ tutto pronto, è sempre stato qui. Le soluzioni sono in piccole cose che abbiamo già per le mani.
Ma si vede solo ciò che si vuol vedere. Si crede solo in ciò che pensiamo sia giusto credere; perché ci è stato detto da sempre, marchiando l’emisfero sinistro della mente razionale.
Si dice che gli indigeni non si accorsero delle caravelle di Colombo che arrivavano. Non riuscivano a vederle, perché non le avevano mai viste prima.
La soluzione per ognuno è già arrivata. Ma bisogna cercare di vedere le cose come non le abbiamo mai viste prima. La libertà è uno stato d’animo.
Tanti anni fa ho scritto un libro, Felicità in questo mondo, che sorprendentemente non smette di essere nelle classifiche dei più venduti. Forse la gente vede il titolo e si ferma a chiedersi: “Già, che cos’è per me la felicità in questo mondo”?
Ogni tanto vale la pena rifarsi la domanda.
Come dice la canzone:
“Vediamo se si può imparare questa vita e magari un po' cambiarla, prima che ci cambi lei…”
E ora che si fa?
Credo che il problema più grande siano le aspettative sbagliate e il non sapersi accontentare.
Credo che buona parte dei risparmiatori/investitori abbia ormai aspettative sbagliate, dopo anni di calma apparente. Ci si immagina che possa continuare così, dove con un po’ di pazienza, buttando un po’ di soldi in Borsa o su qualche bond high yield non è poi così difficile ottenere discreti rendimenti. Così, oltre alle apettative, si sbaglia anche la valutazione della propria tolleranza al rischio e basta un -2% per iniziare a tremare. Salvo però non sapersi accontentare delle alternative che offre oggi il mercato per stare tranquilli, che rendono zero o poco più. Per questo – come sempre – un gran numero di persone rimarrà col cerino in mano, colte in contropiede, prigioniere dei propri film, credendo ancora una volta che qualcuno possa dirgli qual è il momento esatto di uscire, l’ultimo minuto per raggranellare ancora qualcosa.
E’ la natura dei cicli, della storia che si ripete. Ed è naturale che ci siano delle pause, delle crisi, come nella vita. Mentre invece è innaturale chi si aspetta che tutto salga sempre, corra sempre; una vita al massimo che poi ti stampi sul guard rail.
A proposito di cicli.
Come dice Jared Dillian:
“Il buffo dei cicli è che in genere si ripetono quando nessuno ricorda più quello precedente”
Ormai sono quasi 20 anni da quando – a fine anni ’90 – iniziò a gonfiarsi la bolla dei titoli tecnologici. La chiamavano la New Economy. Oggi, con le comunicazioni istantanee e la memoria atrofizzata in stile cricetino, 20 anni sono praticamente un’era geologica. Chi ricorda l’assurdità dei pensieri e delle convinzioni collettive che portarono alla mania e poi al crash del Nasdaq? Un crash durato 3 anni (-80% dal top del 2000), con l’indice che ha rivisto quei livelli solo dopo 15 anni. Ma allora la convinzione, la credenza collettiva, era che le azioni di qualunque azienda nel settore tecnologico sarebbero salite e basta. Una cosa più simile alla Gnu Economy, dove i branchi di bovini si tuffano nei fiumi infestati di coccodrilli.
Un po’ come oggi, dove sembra normale che se inventi una App fighissima per cercare i ristoranti in un nanosecondo o fare selfie buffi, puoi fondare un’azienda, andare in Borsa e diventare triliardario a 20 anni mentre tutti si precipitano a comprare le tue azioni.
Purtroppo la maggior parte di chi fa la fila per le azioni non ha la minima idea (o non ricorda) cosa fosse il 2000.
Ma non sono solo le convinzioni illusorie a creare le bolle (come la leggenda metropolitana che “il valore degli immobili non scende mai”). Spesso a potenziarne l’effetto ci si mettono i governi e le banche centrali. La politica delle banche centrali di tenere i tassi a zero ha distorto il funzionamento del mercato, consentendo alle aziende di prendere a prestito, senza costi, enormi quantità di denaro (stampato dal nulla). Ma che succederà quando le Banche centrali saranno costrette ad alzare i tassi (per cercare di frenare l’inflazione, che arriverà) e quei trilioni di debiti diventeranno improvvisamente un macigno per quelle aziende? Quante ne salteranno?
Oh, certo, se uno sta dietro agli economisti, gli analisti, i banchieri centrali che scrutano l’orizzonte… uno si immagina che sappiano cosa stanno facendo e che almeno loro abbiano una chiara idea di dove siamo. Ma certo che no. La realtà è semmai questa (ma non lo ammetteranno mai):
Il fatto è che quando succederà qualcosa, lo farà probabilmente in modo più veloce e violento di quanto possiamo immaginare. Perché c’è una tendenza, sviluppatasi negli ultimi anni, che renderà tutto più burrascoso.
Parliamo dei cosiddetti investimenti passivi, cioè comprare interi indici di Borsa (ma anche obbligazionari) senza stare a perdere tempo nello studio degli scenari e la ricerca dei singoli titoli. E’ il boom degli etf e dei fondi passivi: oggi negli Usa su 100 dollari investiti 68 finiscono in etf e fondi passivi. Un trend che sembra inarrestabile dal 2009, da quando cioè le banche centrali hanno iniziato a stampare soldi per tirare su i mercati, facendo galleggiare tutto indistintamente e rendendo poco efficiente la gestione attiva (alla cui base ci sono degli umani che pensano e fanno scelte e selezionano titoli). Ecco i flussi, in milioni di dollari, verso fondi a gestione attiva e fondi passivi/etf:
Si dirà che in molti casi i gestori (umani) sembrano più che altro personaggi profumatamente pagati per selezionare i titoli facendo “pari o dispari”, visto che i fondi attivi in genere non battono l’indice di riferimento.
Etf e fondi passivi di per sé sarebbero quindi un modo efficiente e poco costoso di investire. Ecco qui i loro gestori, una bella sfilza di server:
Il problema è che se tutti comprano gli etf (e le banche centrali in primis sono oggi grandi acquirenti di etf azionari), finisce che tutti comprano le stesse cose. Inoltre, molti indici sono strutturati in modo da dare maggior peso ai titoli che sono saliti di più (price-weighted). Ecco che ad esempio un etf sull’indice dei tecnologici è composto per il 40/50% dai soliti noti (Apple, Google, Facebook, Amazon, Microsoft). In pratica: non solo tutti comprano gli stessi titoli, ma oltretutto i flussi triliardari si concentrano alla fine su pochi titoli. Ad esempio Apple da sola pesa per il 12% dell’indice Nasaq 100.
Alla faccia della diversificazione e della decorrelazione per attutire i rischi di mercato.
Che succederà allora quando quei computer di sopra si metteranno a lampeggiare “vendivendi” all’unisono? Chi rimane a comprare?
Non solo tutti vorranno vendere, ma se vendi un intero indice stai vendendo tutti i titoli in blocco. Così anche i migliori saranno trascinati giù.
A quel punto magari ci sarà una rivoluzione umana anche nei mercati: meno macchine e indici e più investimenti imperfetti, fatti col cuore e la mente.
Un giorno ci sarà un collasso, questo è certo. Perché questo sistema finanziario sta diventando sempre più insostenibile, scollegato dal mondo reale e dalla gente. E dovrà tornare a un livello più umano.
Ma non serve rifugiarsi in cantina con le scatolette in attesa dell’apocalisse, perché è impossibile sapere quando ciò avverrà. E non sarà l'armageddon, ma un crollo dei mercati come ciclicamente avviene prima o poi.
Quel che serve è, forse, dare il giusto peso alle cose. Nella vita come negli investimenti. Senza aspettative illusorie o film mentali. Sapendo aspettare. A volte accontentandosi. A volte accettando dei momenti più bui.
In fondo le bolle (e le mega bolle) in genere ci mettono anni per gonfiarsi ben bene. E nelle fasi finali… salgono ancora di più e più velocemente.
Ecco ad esempio la Borsa dell’Islanda (una superbollicina del 2006-2007, che anticipò i crolli generalizzati dei mercati nel 2008): ha eruttato fuochi d’artificio con traiettoria a parabola negli ultimi mesi, prima di sparire dalle carte geografiche…
Allora, qui nel frattempo continuiamo la costruzione di Portafogli che alla base abbiano un senso, un ragionamento, un’idea, una visione, un’emozione. Almeno per noi.
A proposito. I Portafogli Colorati sono stati aggiornati con i trailing stop e i dividendi percepiti fino al 30 giugno.
Tencent, il colosso high tech cinese - l’ultima arrivata - si sta rivelano un po’ spinosa da trattare alla borsa di Francoforte (l’unico modo per comprarla facilmente, oltre che su Hong Kong e l’over the counter di New York): è poco liquida, probabilmente perché poco conosciuta in Europa.
General Electric è arrivata a 1 millimetro dallo stop loss, mentre altri titoli sono migliorati.
Il dollaro è debole; oro e argento scendono; le borse non sanno bene cosa fare. I bond più o meno scendono. Non c’è niente che funzioni in modo chiaro. Magari fra un po’ torneranno in auge le commodities, le materie prime. Quelle cose tangibili. Chissà.
Come sempre, i Portafogli Colorati verranno aggiornati regolarmente.
La newslettera invece, come vedete, non ha cadenza regolare.
Allora a presto.
Giuseppe Cloza
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