ADOTTA UN RISPARMIATORE
Quando siete felici, fateci caso. Kurt Vonnegut
Se hai già tutte le risposte, probabilmente non ti sei fatto tutte le domande. Confucio
Ogni tanto qualche lettore ci scrive. Spesso sono commenti, ringraziamenti per aver dato una mano: una cosa che fa bene, incoraggia ad andare avanti con questo lavoro. Altre volte ci sono domande e richieste di chiarimenti. E non manca chi vorrebbe una consulenza personalizzata (gratis)… Magari dovremmo creare una rubrica, tipo “La Posta di Dolores”. Vedremo. Nel frattempo vorrei si sapesse che leggiamo sempre le email dei lettori e i commenti sulla pagina Facebook. Già: ora che Facebook è entrata nei Portafogli (nel nuovo Portafoglio Big Babol), la pagina di Bassa Finanza è stata “rinvigorita” e rinnovata:
Comunque, spesso rispondiamo personalmente (tranne alle richieste di consulenza gratis, ovviamente). Qualche volta non ce la facciamo con il tempo e qui me ne scuso.
L’altro giorno è arrivata una domanda che penso possa interessare molti:
“Salve, da poco seguo il suo Blog, sono iscritto alla newsletter, e in futuro potrei anche seguire qualche suo suggerimento. Non sono assolutamente un trader e dunque alcuni termini, anche basilari, mi sono piuttosto oscuri e dunque provo ad abusare del suo tempo per chiedere un paio di chiarimenti. L'argomento è il Trailing Stop…”
Bene. Del trailing stop parleremo fra un po’. Ciò che più mi colpisce è la frase: “Non sono assolutamente un trader…”
Ottimo. Bassa Finanza non è certo per il trading. La domanda allora è: che cos’è Bassa Finanza? Non è un servizio di trading. Non è un blog dove i guru pontificano, senza poi dare indicazioni concrete. Allora cos’è? Forse un luogo dove, ridendo e scherzando, con un po’ di ironia si cerca di fare le cose sul serio. Buffo, no? In un mondo dove invece un sacco di gente si prende sul serio, ma alla fine fa sorridere. Qui si cerca di dare una mano a capire dove siamo, cosa ci sta combinando l’Alta finanza; cosa possiamo fare per… affrontare meglio il presente (che del futur non v’è certezza), anche con i Portafogli: idee concrete di investimento facilmente attuabili da chiunque. Niente di complicato o sofisticato, Bassa Finanza è un luogo dove guardiamo le cose dal basso, dalla nostra prospettiva. Come dice, da sempre, lo slogan:
“Per i figli, che quando saranno alti gli sia rimasto qualcosa”.
Mentre il tempo vola via in un turbine, cerchiamo di rimanere ancorati alle cose che contano. Almeno per noi. E se lo sono anche per voi, diffondete Bassa Finanza. Facciamo la campagna “Adotta un risparmiatore smarrito”.
Portatelo qui, che gli fate un favore.
E ora, venendo ai trailing stop, ripropongo qui un apposito articolo del lontano 2010. Sempre attuale, nonostante il tempo che vola, appunto.
A presto, e buona lettura.
IL TRAILING STOP E I F.LLI BOSCOLI
La speculazione è il tentativo di trasformare una piccola somma in una fortuna. L’investimento è il tentativo di impedire a una fortuna di
tramutarsi in una piccola somma.
Fred Schwed Jr.
Lo so, lo so: quando si parla di investimenti, tutti vorremmo trovare quelli con cui si guadagna tanto, ma con poco rischio. E che siano prontamente liquidabili, nel caso trovassi il garagino da comprare per metterlo a rendita (che poi magari rimane sfitto e massacrato di tasse).
Sarà forse per questo che, dopo un po’ che parlo di investimenti con qualcuno mi guarda un po’ strano. Infatti, dopo aver dipinto scenari più o meno agghiaccianti – dai derivati all’indebitamento degli stati – concludo con la frase di rito (per me): “Lei quanto è disposto a perdere?”
In effetti non sono un granché dal punto di vista commerciale. In questo campo hanno molto più successo quelli che dipingono scenari rosei e grafici sempre al rialzo. Eppure una delle principali cause di disastro nell’investire è che non si è deciso prima quanto si è disposti a perdere. Dev’essere una questione psicologica: l’idea non è piacevole. Ma, quando le cose non vanno come sperato, se non si ha una exit strategy (una via di fuga) stabilita prima, ci si può trovare a osservare con orrore il proprio capitale che si liquefà, assieme ai ceri accesi per pregare che risalga.
E’ matematico: se uno perde non vende; aspetta e spera che il titolo risalga. Se invece guadagna un po’, vende subito; e poi vede il titolo che decolla in lontananza. Sì, in genere si tende a fare l’esatto contrario ci ciò che andrebbe fatto. Pare che tutti si concentrino sul momento del buy, quando (e cosa) comprare. Quando vendere, il sell, non ottiene molta attenzione. Forse perché è più difficile.
Il fatto è che la matematica è impietosa: per recuperare una perdita del 10% ci vuole un guadagno dell’11%; per far pari dopo un -30 ci vuole un +43; una perdita del -50 richiede un +100% per riveder la luce. Poi si passa al surreale: se perdi l’80% devi sperare che il titolo risalga del 400% e allora riavrai il capitale iniziale. Un’ipotesi surreale, appunto.
Per evitare disastri e cercar di guadagnare ci sono, a mio parere, tre possibilità:
1 – Affidarsi alla gestione professionale dei gestori di fondi, che diversificano, decorrelano, analizzano, leggono il Sole 24 Ore e selezionano i migliori titoli, coadiuvati dalle raffinate tecniche di asset management, risk management, Modern Portfolio Theory (quella con tutti gli indicatori chic tipo Var, sharpe, indice di Sortino e Ciclamino…). Tutte cose che, nel 2008, si sono rivelate efficienti e infallibili.
2 – Affidarsi a un guru che sa il fatto suo.
Nel caso, mi permetto di suggerire i F.lli Boscoli, che essendo clienti-guru hanno una sensibilità e una sintonia particolare con i desideri dell’investitore. Concetti come: “Compro solo quando si vede che sale” o “Appena si vede chiaramente che sta per scendere, vendo subito”, sono la base della loro filosofia. Nel tempo, le loro tecniche sono divenute assai sofisticate. Ne cito qui solo alcune, invitandovi a contattarli:
“Dopo aver guadagnato quanto basta vendo, così, appena scende ricompro”;
“Bisogna investire molto sui titoli che guadagneranno molto e investire poco su quelli che guadagneranno poco. Investire su titoli che perderanno è fortemente sconsigliato”; “Il timing è tutto: scegliete sempre il momento giusto per comprare. Se vedete che è sbagliato, aspettate”…
3 – La terza alternativa è quella di usare la tecnica artigianale del trailing stop, l’unica che io conosca che consente di non vendere troppo presto quando si è in guadagno e non vendere troppo tardi se si è in perdita. Certo, non è perfetta, ma la preferisco alle alternative precedenti.
In pratica si tratta di impostare una banda di oscillazione che segue l’andamento del titolo, e al di sotto della quale si vende. L’oscillazione che empiricamente sembra funzionare meglio è il 25%. Non troppo ampia per perdite irreparabili (ammesso che l’entità – size - della posizione sia corretta, e lo vedremo dopo), né troppo stretta da farmi uscire troppo presto in caso di un po’ di volatilità.
La regola è: vendo quando il prezzo è sceso del 25% rispetto al picco massimo raggiunto.
Esempio: se compro un titolo a 100 che poi sale a 118, il mio livello di uscita (stop) sarà a 88,5 (118-25%) e verrà indicato in rosso nei Portafogli, in quanto in perdita. Il che significa che se il titolo prendesse a scendere di brutto, la mia perdita massima sarà di 11,5 (100-88,5), o anche 11,5%.
Se invece il prezzo sale ancora, lo stop lo segue (trail, da lì trailing stop). Così, a 140 lo stop si alza fino a 105 (140-25%= 140-35= 105) e verrà indicato in verde nei Portafogli, in quanto livello di uscita in guadagno. E via così. Chiaramente, se il titolo comprato a 100 scendesse e basta, il livello di uscita (stop loss) rimane fermo al 25% sotto, cioè 75 (indicato in rosso).
Bisogna anche precisare che quando un investimento è in euro, il livello di stop viene indicato con il prezzo a cui la condizione scatta. Nel primo esempio di sopra, sarebbe 88,5. Ma quando un investimento è in una valuta diversa dall’euro, indicare solo il prezzo (che è in valuta) non è sufficiente, in quanto si deve tener conto anche del rapporto di cambio. Ecco che in questo caso i livelli vengono indicati in percentuale. Prendendo sempre il primo esempio, lo stop scatterebbe a -11,5% (indicato in rosso); quando cioè la combinazione delle due variabili di prezzo e rapporto di cambio con l’euro raggiunge il livello di -11,5% rispetto all’investimento iniziale.
La banda di oscillazione di stop loss e trailing stop non deve essere sempre del 25%. E qui si va un po’ sul discrezionale. Il 25% è la regola generale, valida di norma per le azioni, ma poi ci sono le varianti…
Ad esempio, un investimento obbligazionario ha bisogno di una banda di oscillazione più stretta; oppure, per un titolo che è salito molto (ma del quale non si è più molto convinti) si può restringere la banda di oscillazione per non permettere a un guadagno di trasformarsi in perdita; se poi un titolo arriva al 100% di guadagno si approfitta della fantastica circostanza per dimezzare la posizione: si porta a casa l’investimento iniziale e si lasciano solo i guadagni sul mercato.
Oro e argento non hanno trailing stop perché seguono una logica diversa: sono investimenti di lungo termine, da mettere “nel cassetto” (e guardare il meno possibile), come facevano le nonne Azzurrine con lingottini e monetine. Ben sapendo che, alla lunga, i metalli preziosi hanno sempre mantenuto il potere d’acquisto: con un’oncia d’oro puoi comprare oggi le stesse cose che potevi comprare 20 anni fa. Il che, come sappiamo, non vale per le banconote: 100.000 lire di 20 anni fa contro i 50 euro di oggi è un confronto… comico.
Comunque, riepilogando, quella di stop loss e trailing stop è una regola non facile da seguire, ma che – garantito – consente di evitare i disastri.
A patto che si rispetti un’altra regola fondamentale: la size della posizione, cioè il peso di un investimento rispetto al totale del portafoglio. Peso che deve essere… giusto. Ovvero adatto a ciascuno di noi. Sleeping level rende meglio l’idea: l’ammontare investito dev’essere tale da non far perdere il sonno la notte. Anche quando ci sono le turbolenze, e al tiggì blaterano “Crollo dei mercati!, BRUCIATI MILLE MILIARDI…”.
Questo concetto è fondamentale, perché troppo spesso posizioni eccessive portano a danni irreparabili, oppure fanno perdere potenziali guadagni, quando si vende troppo presto, ansiosi di fuggire. Oppure, si diversifica eccessivamente con posizioni talmente piccole da avere un impatto insignificante sul totale del portafoglio anche quando vanno benissimo.
Quella della size è una regola tanto fondamentale quanto disattesa, che andrebbe però “cucita” addosso a ogni investitore. Ci sono persone come Bottavio che quando vede un -1% finisce al pronto soccorso, mentre altri hanno un tolleranza maggiore alle oscillazioni che consente un approccio più dinamico. Ci vorrebbe quindi un consulente competente e di cui potersi fidare, per parlarne a quattr’occhi.
Riepilogando, la regola generale è:
Non permettere a una piccola perdita di trasformarsi in un disastro;
Lasciare che i guadagni corrano;
Rispettare sempre lo sleeping level per ogni posizione.
Per tutto il resto ci sono i F.lli Boscoli.
Giuseppe Cloza
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