OLTRE
Non conformatevi alla mentalità di questo secolo,
ma trasformatevi rinnovando la vostra mente.
Romani, 12:2
C’è questo passo della Bibbia che mi colpisce sempre. Qualcuno si chiederà cosa c’entri la Bibbia con la finanza. C’entra eccome.
I mercati finanziari sono mossi dagli uomini, che sono mossi da emozioni, convinzioni, decisioni razionali e decisioni istintive; mente e spirito. Quindi, tutto in un modo nell’altro ha a che fare con il processo di investimento: la razionalità come la spiritualità…
Insomma, questa frase mi fa riflettere. Ovviamente ci sono numerose autorevoli interpretazioni (e io non sono certo un esperto nel campo), ma qui mi sento di dare la mia versione.
“Non conformatevi… Trasformatevi, rinnovando la vostra mente…”, significa secondo me: “Cercate di pensare con la vostra testa. Abbiate uno spirito critico in grado di approfondire e discernere”.
Non siate pigri, andate a fondo, fatevi domande, fatevi un’idea propria delle cose, delle notizie. E più che altro non abbiate paura di non essere conformi.
I rinnovamenti, i miglioramenti nel mondo, di cui tutti beneficiamo, sono sempre nati quando qualcuno o qualcosa ha smesso di essere conforme allo status quo, in qualunque epoca, in qualunque settore della vita.
Proprio come ha fatto Gesù al tempo: ha iniziato a dire cose… diverse. Mica facile.
Fosse accaduto oggi, probabilmente lo avrebbero accusato di diffondere fake news pericolose per la collettività.
Perché oggi il modo sottile di limitare la libertà di espressione è quello di considerare ogni opinione divergente una fake news, da combattere quindi per il “bene comune”.
Temo però che molta gente non ci pensi, non se ne sia accorta. Dev’essere colpa della paura globale in cui siamo piombati ormai da un bel po’.
La paura uccide la mente. Quando sei in preda alla paura, i meccanismi biologici impediscono il pensiero razionale e logico. In origine si tratta di un meccanismo naturale: di fronte al pericolo si attivano degli automatismi di sopravvivenza (tipo correre a gambe levate) e si disattivano meccanismi che potrebbero ritardare la reazione (tipo mettersi lì a riflettere). Il cervello emotivo sovrasta quello cognitivo: nella fase emozionale la corteccia cerebrale (dove si elaborano i concetti) viene messa fuori uso.
Così, se si volesse impedire a qualcuno, o a un’intera popolazione, di ragionare lucidamente basterebbe tenerlo costantemente in uno stato di apprensione.
È davvero curioso che negli ultimi 20 anni ci sia stato un continuo ripetersi di crisi, pericoli globali e situazioni di emergenza. Stati di apprensione globali e continuati. Chilavrebbemaidetto.
Dalle Torri Gemelle del 2001, con l’inizio della minaccia globale del terrore (e le conseguenti limitazioni di libertà e privacy per il “bene comune”); alla grande crisi finanziaria del 2008, con le devastazioni economiche e gli stravolgimenti della globalizzazione; fino alla pandemia del Covid, dove si raggiunge l’apoteosi della paura.
Perché in questo caso il nemico, l’untore, può essere chiunque, il tuo vicino, il malato asintomatico… Quindi dobbiamo sacrificarci “per il bene comune”, stare a distanza, allentare i rapporti umani, sfilacciare i legami sociali, mettere da parte un po’ di diritti e libertà personali faticosamente acquisite, ingoiare ingiustizie economiche che smantellano interi settori e classi… Tutto in nome dell’emergenza.
E poi lasciar evaporare la sovranità popolare, parlamentare, a favore di task force non elette di tecnici, anzi tecnocrati, che professano il Verbo medico-scientifico.
Un Verbo assoluto, perché avere un’opinione in dissonanza con la narrativa dominante, in questo contesto significa essere accusati di non volere il bene comune.
Ricordo quando ero piccolo e negli anni’70 sentivo usare questa parola misteriosa: il “conformismo”. Un concetto esattamente contrario a quanto predicato da Gesù quasi duemila anni prima:
“Non conformatevi alla mentalità di questo secolo,
ma trasformatevi rinnovando la vostra mente.”
Negli anni’50 venne elaborato da sociologi e psicologi il concetto di “Spirale del Silenzio”: quando i mezzi di comunicazione di massa riescono a creare un’opinione prevalente, riducendo al silenzio le opinioni minoritarie dissenzienti.
Da Wikipedia:
“La tesi centrale della spirale del silenzio è la seguente: il costante, contemporaneo, ridondante e contorto afflusso di notizie da parte dei media può, col passare del tempo, causare un'incapacità nel pubblico nel selezionare e comprendere i processi di percezione e di influenza dei media; in questo modo verrebbe a formarsi la cosiddetta spirale del silenzio.
In questa situazione la persona singola ha il timore costante di essere una minoranza rispetto all'opinione pubblica generale. Per non rimanere isolata, la persona anche se con un'idea diversa rispetto alla massa non la mostra e cerca di conformarsi con il resto dell'opinione generale.”
Il tutto facendo leva sulla paura: per paura di rimanere isolato l’uomo si adatta all’opinione generale.
Ci vuole coraggio per non avere paura. E non è un gioco di parole. Se vuoi essere coerente non devi farti fregare dai timori e dal senso di colpa. Ciò che gli altri pensano di te è un loro problema.
La Spirale del silenzio spiega altri due concetti:
1) Dato che i mass media (e figurarsi quelli di oggi, con i social etc…) sono appiattiti sulla dimensione del tempo presente, chi entra nella spirale perde la capacità di elaborare i fatti con la coscienza storica necessaria per un’analisi critica. Si perde di spessore, si diventa superficiali.
2) Da un punto di vista psicologico, a forza di stare zitti si mina anche la capacità di ascolto e dialogo con sé stessi. Il silenzio anche dentro. Come dire che uno ha paura anche della propria ombra.
Più che vivere mi pare un semplice sopravvivere.
Il conformismo deriva dalla paura e uccide la creatività, che è la base della vita, perché la vita è creazione.
E la paura maggiore è quella di morire. Proprio come quella del Covid. Per questa paura si è disposti a barattare la propria creatività, indipendenza, autonomia… in cambio di cosa? Di una promessa di sicurezza. Non la sicurezza di vivere, perché la vita implica creatività, bensì la sicurezza di sopravvivere. Il tutto sapientemente indorato facendo leva (con facilità) sul concetto del “bisogna sacrificarsi per il bene comune”.
Ma, come scrive Marlo Morgan:
“Non basta respirare per potersi definire vivi”
James Hillman, grande psicologo dei nostri tempi, diceva che l’ossessione della sicurezza è una grande malattia della nostra era. Nel 2001 scriveva:
“C’è un sottofondo di morte nella società presente, che viene percepito in termini di catastrofe ecologica, o anche di Aids, di Ebola, di contagio, di catastrofe epidemiologica.”
Ma, prosegue:
“È un insano senso di protezione pensare che la morte sarà tenuta lontana. E così, naturalmente, si tiene lontana la vita!”
La nostra ossessione di sicurezza diventa come un’ansia paranoide che ti paralizza di fronte alla minaccia perenne di un nemico invisibile e subdolo. Nell’illusione di poter avere tutto sotto controllo. In questo modo la vitalità viene inghiottita da un buco nero.
Come sorprendersi che il sistema se ne approfitti?
Big Military (e anche Big Brother) dal 2001, Big Finance dal 2008, Big Pharma (e anche Big Tech) oggi. E domani? Domani avremo Big Green…
A quanto pare, infatti, siamo davvero molto sfortunati perché, anche se si riuscirà a uscire dall’emergenza della pandemia, è già pronta la prossima emergenza: quella ambientale. A quanto pare, anche se scamperemo al Covid, rimarremo sicuramente soffocati dalla Co2 o arrostiti dal riscaldamento climatico, annegati dai ghiacciai che si sciolgono…
E’ già stato coniato dagli psicologi il termine di “eco ansia”. L’ansia ecologica, la paura per un futuro catastrofico che in questo caso fa più presa sui giovani e li destabilizza. Se non li impaurisci con un’epidemia ce la pu
oi fare con una catastrofe ecologica.
Ed è curioso vedere le manifestazioni piene di giovani che protestano contro i governi inquinatori e contemporaneamente gli stessi governi che si mostrano d’accordissimo con loro, li trattano con i guanti, li accolgono nei Palazzi con sorrisi scintillanti.
Che a uno gli potrebbero venire dei pensieri: non è che lo fanno apposta? Non è che ci stanno prendendo per il culo?
Speriamo che i più giovani si sveglino presto.
Nel frattempo Big Finance è già all’opera per sfruttare Big Green. Il colosso JpMorgan ha già iniziato a sfornare i derivati con il bollino Esg, il bollino verde.
Insomma, è tutto pronto per grandi profitti. Chilavrebbemaidetto.
E così via, in questo New Normal, la nuova normalità dove passiamo da un’emergenza all’altra.
Una delle caratteristiche tipiche dei periodi di paura globale è quella di trascinare le persone in un mondo di fazioni e divisioni. È acredine pura. Sarà per questo che l’acidità e il reflusso gastrico imperversano.
La paura annulla la mente e fa scivolare la folla in un principio di isteria collettiva dove, in nome della sicurezza, l’altro diventa – per decreto - una potenziale minaccia; chi ha un’opinione non conforme è una persona che non si cura del bene pubblico. E va redenta o allontanata, o denigrata, irrisa; comunque messa a tacere.
C’è questo clima surreale, pesante, come una cappa. Non si parla di altro, non si può parlare di altro. Ormai ci sono le fazioni, come nel calcio: stai di qua o stai di là? Amici o nemici? Nel magma dei media dove ribolle l’odio social…
Divide et impera, dividi e conquista, dice il motto latino. Chi non è appiattito dai media, chi ha ancora una coscienza critica e storica che funziona riconosce bene questo fenomeno. Un modo di governare manipolando le folle, usato da secoli. Basato sulla paura e su messaggi apparentemente rassicuranti e salvifici. Non è lampante?
E in tutto questo sembriamo aver perso l’ironia, la capacità tutta italiana di dissacrare, di guardare le cose a distanza, sminuirle. Alleggerirle. Così, anche i sorrisi spariscono. Allora, cosa rimane?
Nel Vangelo secondo Matteo (8, 23-26) Gesù e alcuni discepoli stanno attraversando il mare di Galilea su una barca. D’improvviso arriva una forte tempesta. I discepoli impauriti si rivolgono a Gesù:
“Signore, salvaci! Affondiamo! Gesù rispose: — Perché avete paura, uomini di poca fede?
Poi si alzò in piedi, sgridò il vento e l’acqua del lago, e ci fu una grande calma”.
Senza il buio non si possono vedere le stelle. Che cosa c’è da aver paura?
Se cerchiamo di smettere di aver paura, decidiamo di ricominciare a pensare e riflettere… Se scegliamo di andare oltre, allora possiamo trovare una grande calma, ritrovare una leggerezza e ricominciare a vivere e sorridere. Molto meglio che sopravvivere.
Bisogna andare oltre. Non è lampante?
E ora, con gli investimenti, che si fa?
Tutti sappiamo che, prima o poi, la festa sui mercati finanziari finirà.
Ma… “finché la musica va bisogna continuare a ballare”, diceva nel 2007 Chuck Prince, amministratore delegato di Citigroup, a chi gli chiedeva notizie sulla bolla finanziaria dei mutui subprime, che già scricchiolavano, ma su cui tutte le banche si buttavano a capofitto.
Si riferiva al gioco delle sedie, quello dove c’è una sedia in meno rispetto ai partecipanti che ballano, e quando la musica si ferma devi riuscire a sederti.
Anche se tutti sappiamo di essere in una bolla, diceva Chuck, non possiamo rischiare di rinunciare ai guadagni rimanendone fuori.
Di lì a poco ci fu la Grande Crisi del 2008 con i mega crolli di Borsa e Citigroup, una delle banche più grandi del mondo, arrivò a perdere il 98% e venne salvata dal governo Usa con oltre 300 miliardi di dollari (dei contribuenti)
.
Anche oggi sembriamo tutti molto impegnati a ballare, in questo gioco delle sedie, esponendoci sempre più al rischio sui mercati azionari. In fondo quali alternative ci sono? I bond governativi quando va bene hanno rendimento zero.
Anzi: 14mila miliardi di essi hanno rendimento negativo. Le obbligazioni corporate rendono poco di più, a meno di non spostarsi su roba tossica e rischiosa, che comunque rende pochissimo (specialmente nell’otica del rapporto rischi/rendimento). Quindi? Tutti in Borsa a comprare azioni.
D’altronde, come può un gestore di un fondo permettersi di presentarsi con un portafoglio pieno di bond a rendimento negativo?
Immaginate un mega fondo pensione, che con il rendimento degli investimenti deve pagare le pensioni agli aderenti. Sarà costretto a rischiare di più. O semplicemente immaginate un consulente finanziario che si presenta dalla signora Pina (che, come noto, si accontenta del 4% ma senza rischi) con un portafoglio con il segno “meno” perché troppo prudente…
Poi ci sono gli investitori fai-da-te. Specialmente negli Usa, molti di loro hanno scoperto il gioco della Borsa da poco più d
i un anno a questa parte. Facilitati dalla tecnologia (due clic e via), un numero sempre crescente di appartenenti alla cosiddetta generazione dei “millennials” (i 25-40enni di oggi) si è buttato a speculare in Borsa come fosse un videogame.
C’è chi dice che siccome, il peso e l’importanza dei millennials nella società e nell’economia tenderà ad aumentare in futuro - via via che trovano lavoro, guadagnano di più, fanno carriera etc. - questo fenomeno sosterrà la crescita dei mercati ancora per molti altri anni, fin quando i quarantenni di oggi cominceranno a tirare i remi in barca. Giuro: alcuni guru oggi sostengono che i mercati saliranno almeno fino al 2038, sostenuti dalla forza dei millennials.
Così abbiamo il gioco delle sedie, la mancanza di alternative (gli americani, che vanno matti per sigle e acronimi, dicono TINA: There Is No Alternative), i millennials scatenati, la convinzione di farla franca perché tanto continuerà a salire.
In questo modo si sta creando una sorta di profezia che si auto avvera. Tutti sono impegnatissimi a motivare e giustificare ciò che stanno facendo, senza però chiedersi se sia giusto farlo.
Investiamo in Borsa perché le Borse salgono. E dato che le Borse salgono, allora è giusto investire in Borsa.
Meglio impiegare le energie per giustificare ciò che si sta facendo piuttosto che prendersi la briga di cambiare idea. Questo è un tipico comportamento umano. Cambiare idea necessita di spirito di ricerca, umiltà; necessita di andare contro, andare oltre. Mica facile.
Così, oggi fra gli investitori pare essere molto diffusa una sorta di psicologia della serie “tanto non si perde”. Fenomeno tipico di certe fasi, da sempre. È l’esuberanza irrazionale spiegata dall’economista John Kenneth Galbraith tanti anni fa nel suo libro “Breve storia dell’euforia finanziaria”.
Il fatto di guadagnare in Borsa facilmente, spiega Galbraith, genera nella gente una falsa convinzione che ciò dipenda dalla propria saggezza e da un’eccezionale perspicacia finanziaria.
Così, sempre più persone si fanno travolgere da questo senso generale di ottimismo e si compiacciono del proprio acume negli investimenti. In pratica si congratulano con sé stessi.
Da qui il motto:
“Gli sciocchi, come si è sempre visto, presto o tardi vengono separati dal loro denaro”.
Amen.
Il tutto ovviamente mentre le Banche Centrali sono sempre impegnatissime a “stampare” soldi: rispetto al febbraio 2020 la Federal Reserve ha raddoppiato il suo bilancio, creando dal nulla oltre quattromila miliardi di dollari. Una cifra talmente enorme che il suo senso sfugge.
Il fatto è che negli ultimi 11 anni, da quando le banche centrali hanno preso a stampare a tutto spiano, il divario fra ricchi e poveri è aumentato. Oggi negli Usa l’1% della popolazione detiene il 32% della ricchezza, mentre il 50% della gente detiene solo il 2%.
Per usare le parole di Stanley Druckenmiller, uno dei più grandi manager di hedge fund, in una recente intervista :
“La Federal Reserve è il più grande generatore di disuguaglianze negli ultimi 11 anni.
Io ho appena avuto i risultati migliori degli ultimi 15 anni. Tutti i ricchi che conosco stanno guadagnando una fortuna. Perché? Perché la banca centrale sta stampando soldi come se non ci fosse un domani… E tutti i dati ci dicono che gli interventi delle banche centrali beneficiano i ricchi, che sanno come navigare i mercati…”
Dopodiché abbiamo l’inflazione. Bisogna vedere se le fiammate attuali saranno momentanee o permanenti. Qui le scuole di pensiero si dividono. Quel che è certo è che attualmente una parte dei rialzi attuali dipende dalla ripartenza dell’economia che si era fermata con il Covid.
Ad esempio, oggi il 90% delle merci nel mondo viaggia via mare. Il 70% viene inscatolata dentro i container: computer, vestiti, automobili… qualunque cosa. Per dare un’idea: un container di 12 metri (la misura standard più utilizzata, di quelli che poi possono essere trasportati con un camion) può contenere 4 autovetture di medie dimensioni, 12.000 scatole di scarpe o 125 lavastoviglie. Un solo container può essere c
aricato con 29 tonnellate di merce. E una di quelle navi colossali che li trasporta ne può avere a bordo 11.500. Il che significa, nell’esempio sopra, che se un container può contenere 125 lavastoviglie, una singola nave può trasportare complessivamente 1.400.000 lavastoviglie. Tanto per dare un’idea di quanto i commerci siano ormai dipendenti da questo mezzo.
Ma oggi non ci sono container a sufficienza per far fronte all’enorme richiesta di merci, lievitata negli ultimi mesi. E non ci sono neanche abbastanza navi per trasportarli, dato che l’anno scorso gli armatori avevano dismesso molte navi in previsione del collasso mondiale imperituro causa Covid. Così, da inizio anno il costo per dall' Europa agli Usa è passato da 2.000 a 7.000 dollari. Dalla Cina agli Usa il prezzo del trasporto
è quadruplicato fino a 22.000 dollari. Il che naturalmente fa aumentare il prezzo finale della merce.
Nessuno può dire se queste fiammate inflattive si spegneranno a breve o proseguiranno. Il fatto è che con tutta la manipolazione finanziaria degli ultimi anni, unita alla vulnerabilità della catena produttiva e distributiva dell’economia, le cose prima o poi si metteranno maluccio.
Sempre secondo Druckenmiller, ci sarà prima lo scoppio della bolla finanziaria, cui seguirà un’esplosione inflattiva. Quando? Nessuno può dirlo (tranne i F.lli Boscoli, ovviamente). Quel che è certo, è che in uno scenario del genere i risparmi rischiano di essere falcidiati.
Tornando quindi ai mercati finanziari, il problema è che, in mezzo a questo ottimismo diffuso, molti investono pensando che ci sia un modo per prevedere quando il top sarà raggiunto. Oggi vogliono rischiare di più per guadagnare di più e sperano che qualche guru li avverta prima che la musica finisca. Purtroppo è un’illusione. L’eterna illusione di poter prevedere i picchi e scappare a gambe levate appena in tempo.
La realtà è che, sempre, i top dei mercati si riconoscono, o meglio si disvelano, solo molto tempo dopo che il vento è cambiato ed è iniziata la discesa. I vari guru, commentatori, esperti, economisti… non ci hanno mai azzeccato. Per questo i F.lli Boscoli hanno inventato l’unica possibile tecnica per risolvere il problema: investire usando
il senno di poi.
Nonostante ciò, un sacco di gente continua a investire basandosi sulle previsioni. Ma secondo me la cosa migliore da fare per proteggere i portafogli, invece di cercare la scommessa, è quella di gestire il rischio.
E qui divento monotono. E mi ripeto.
Prima di tutto è importante costruire un portafoglio la cui rischiosità rispetti lo “sleeping level”. È inutile azzardare troppo nella speranza di guadagnare se poi non si dorme la notte in preda all’ansia.
Un po’ come dice il Dalai Lama: gli uomini prima si rovinano la salute per guadagnare soldi e dopo sono costretti a spendere quei soldi per curarsi…
Sempre in tema di rischio e psicologia: bisognerebbe evitare di fare investimenti rischiosi con somme che non ci si può permettere di perdere (ma neanche di veder scendere un po’). Se uno ha un patrimonio limitato e un flusso di reddito appena sufficiente per le esigenze di vita quotidiana (per non dire degli imprevisti), non dovrebbe assolutamente metterli a repentaglio con investimenti che magari in tre giorni di calo dei mercati
gli fanno perdere 3 mesi di stipendio (e 3 anni di vita).
Poi, secondo me, bisogna sempre rispettare la size, l’entità delle posizioni, perché le sorprese, i cigni neri possono arrivare in qualunque momento.
Può essere quel fondo tanto di moda perché il gestore superstar aveva sempre rendimenti stellari, salvo poi scoprire che c’era sotto qualche trucco, e in un attimo ti trovi la posizione a -50%. Chi ci aveva investito il 5% del suo patrimonio ha subìto una perdita del 2,5% sul totale. Chi invece ci aveva investito il 30% si ritrova una perdita del 15% sul totale. Una bella differenza.
Lo stesso naturalmente vale per i titoli azionari. Non esiste nessuna legge eterna e scolpita che vieta a un titolo di crollare
. Le motivazioni possono essere infinite e spesso imprevedibili. Basta guardare quello che sta succedendo in Cina. D’improvviso il governo si è messo a bacchettare i colossi tech e così ci sono titoli che indipendentemente da ogni considerazione di profitto o solidità hanno perso anche l’80% in pochi giorni.
È bene ricordare che in questi casi estremi gli stop loss, spesso e volentieri, non proteggono. Gli stop sono infatti ordini automatici preimpostati che scattano al verificarsi di una determinata condizione. Ad esempio quando imposti: “vendi se il prezzo scende al di sotto di 100”, l’ordine di vendita parte automaticamente quando il prezzo del titolo scende al di sotto di quel livello.
Ma se ad esempio, nell’ipotesi dei cinesini di prima, a causa di un annuncio del governo che penalizza un’azienda, il prezzo di un titolo crolla e passa direttamente da 100 a 40, quando il tuo ordine di vendita automatico scatterà, tu venderai a 40 e non “appena sotto 100”, come speravi.
A meno che non ci si voglia imbarcare in strategie sofisticate, che però hanno più a che fare con il trading quotidiano e necessitano di tempo e competenze per essere implementate (e anche di soldi da destinare a software e piattaforme). E non sono, neanche quelle, una panacea. Comunque non è il caso di Bassa Finanza, che da sempre cerca la semplicità in investimenti alla portata di tutti.
Quindi?
Quindi non esistono formule perfette. Bisogna sempre tenere in considerazione vari fattori e pensare prima alla gestione del rischio e solo dopo alla ricerca del rendimento.
Un altro aspetto importante è quello di non concentrare troppo gli investimenti su uno stesso settore. Ad esempio, avere solo titoli tecnologici in portafoglio può sembrare una figata pazzesca, finché tutto va bene, ma espone senza dubbio a volatilità e possibili crolli.
Altra cosa da evitare è la smania di voler investire tutto fino all’ultimo centesimo. È vero, il cash non rende nulla, i bond rendono poco e nulla (quando va bene), ma oggi la realtà è questa e certamente non è un buon motivo per esporsi troppo al rischio. Specialmente quando non ci si può permettere di rischiare.
Dopo tutte queste considerazioni, penso che oggi (come ieri) la cosa migliore sia avere in portafoglio titoli di aziende leader nel loro settore, che hanno un vantaggio competitivo sulla concorrenza; aziende con uno stuolo di clienti aficionados (vedi Apple, Starbucks, Coca Cola, Hershey…) e che in caso di inflazione non hanno problemi a ritoccare i prezzi.
Aziende con bilanci solidi e flussi di cassa e profitti ben al di sopra della media, che in caso di crisi e crolli possano resistere bene alle tempeste. Aziende magari non molto conosciute, ma leader in settori strategici e/o vitali, come Novo Nordisk e la sua leadership nel campo dell’insulina, o Intuit con i suoi software per la gestione della fiscalità aziendale…
E poi, certamente anche aziende ad alto tasso di crescita, in settori promettenti ma potenzialmente molto volatili (come Nvidia, Docusign, Regeneron…).
E poi l’immancabile gold, che negli ultimi 20 anni ha sempre attutito la volatilità complessiva di un portafoglio, migliorandone il rapporto rischio/rendimento.
E oggi anche un po’ di criptovalute, le più note e consolidate: Bitcoin ed Ethereum, certamente in ottica speculativa, ma che potrebbero continuare a dare soddisfazioni.
Voglio ricordare che la l
ogica sottostante alle criptovalute non è solo quella di moneta digitale speculativa, ma anche – e forse principalmente - la cosiddetta decentralizzazione. Cioè, in fondo, il tentativo di smarcarsi dai controlli del sistema attuale e cercare di creare una nuova infrastruttura, non solo per le transazioni finanziarie, ma anche e soprattutto per il web.
Oggi Internet è diventato un luogo tanto indispensabile quanto facilmente controllabile e manipolabile da pochi big. Ormai la libertà di espressione e di opinione è diventata un’ipotesi più che una realtà. Con l’attuale struttura centralizzata, pochi tecnocrati non eletti hanno di fatto potere di vita e di morte sulle news e sulla tua stessa esistenza in rete (e quindi sempre più sulla tua esistenza quotidiana).
Per questo, trovo così interessanti progetti come quello di Ethereum, con il quale si cerca di costruire una infrastruttura per un’internet di nuova generazione, decentralizzata tramite la blockchain e quindi non facilmente controllabile e manipolabile.
Tornando ai Portafogli Colorati, in ultimo abbiamo come tasselli alcuni fondi bilanciati e qualche obbligazionario, per smussare la volatilità.
In teoria, per completare il quadro mancherebbe il mattone. Ma come noto, la maggior parte degli italiani è già abbondantemente investita negli immobili.
A proposito di volatil
ità. Ormai siamo assuefatti alla mancanza di volatilità. Ma bisogna ricordare che i mercati finanziari sono (o meglio: sarebbero) per loro natura volatili. La volatilità è come una sorta di valvola di sfogo che mitiga gli eccessi. Quindi, invece di rimanere subito terrorizzati se le Borse un giorno fanno -3%, sarebbe più saggio preoccuparsi quando tutto appare tranquillo per lunghi periodi. Il rischio è che si stia creando un effetto pentola a pressione.
E ORA CHE SI FA?
I Portafogli Colorati sono stati aggiornati.
Il marasma sul mercato cinese causato dal Governo ha fatto un’altra vittima. Beh, “vittima” si fa per dire: per l’azienda cinese di gaming online Netease – penalizzata dalle dichiarazioni governative anti videogiochi - è scattato il trailing stop. Si esce quindi dalla posizione con un +98% in due anni e mezzo. C’è di peggio.
Il settore dei videogames è però in continua espansione. Nel campo dell’entertainment è ormai diventato molto più importante del cinema. Per intendersi, l’industria dei videogames nel mondo ha oggi un giro d’affari di oltre 150 miliardi di dollari. Quella del cinema si ferma a 100. E non bisogna pensare che sia una faccenda da ragazzini. Oggi l’80% degli utilizzatori ha più di 18 anni, e l’età media è di 35 anni.
Per dare un’idea dell’entità del fenomeno, un solo gioco come Call of Duty, dal 2003 a oggi ha generato vendite per 27 miliardi di dollari: una cifra superiore agli incassi di tutti i film di Guerre Stellari, Harry Potter e James Bond… messi insieme.
Ed è proprio l’azienda che produce Call of Duty che mi pare una buona candidata a sostituire la Netease appena uscita.
L’americana Activision Blizzard è una delle più grandi player mondiali del settore.
Fra l’altro l’abbiamo già avuta nel Portafogli Colorati dal febbraio 2013, uscendo – ahimé – con il trailing stop due anni e mezzo più tardi, con un +139% di guadagno.
Dopo una grande corsa in Borsa negli ultimi 5 anni, da inizio anno il titolo ha perso oltre il 20%, più che altro per faccende legate alla condotta scorretta tenuta in passato da alcuni manager (oggi rimossi) verso i dipendenti. Dato che pare l’azienda si stia muovendo concretamente per sanare questo problema, direi che il titolo è molto interessante.
Riepilogando:
Per il Portafoglio Rosso Big Babol compro Activision Blizzard, trattata al Nyse, cod. ATVI, isin: US00507V1098
A presto.
Giuseppe Cloza
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