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SCENARI



Milford Lake, Kansas, USA - Photo ®USGS Unsplash

Cambiando l’atteggiamento interno delle loro menti, gli esseri umani possono cambiare

gli aspetti esteriori della loro vita.

William James






Non siamo mai contenti.

O meglio, gli esseri umani sembrano strutturati per non sentirsi mai soddisfatti. Se non per brevi, fulminei momenti. A volte pare proprio che la vita sia uno slalom continuo in mezzo a problemi e preoccupazioni, inframezzato da piccoli break di serenità e soddisfazione.

In realtà è una fregatura della mente, che ci porta a vedere le cose in questo modo.

Negli ultimi due milioni di anni il cervello umano si è evoluto e ha triplicato la sua massa, costruendo letteralmente nuove strutture neurali. In particolare, si è sviluppato il lobo frontale con la corteccia prefrontale, dove vengono gestiti un sacco di processi, fra cui quello sorprendente della simulazione.

La corteccia prefrontale funziona un po’ come il simulatore di volo che usano i piloti per addestrarsi senza fare disastri. A differenza dei nostri antenati primitivi e degli altri animali, grazie a questo “simulatore” noi siamo in grado di “costruire” in testa uno scenario e sperimentarlo virtualmente prima ancora di viverlo nella realtà. Motivo per cui, ad esempio, nessuno hai mai provato a fare un gelato al sapore di fegato e aglio: lo possiamo già immaginare e “assaggiare” in testa, e sapere che farà schifo.

Ma che succede se lo scenario che ci costruiamo in mente non corrisponde alla realtà?

Il problema è proprio questo: spesso utilizziamo questa funzione straordinaria della mente in modo distorto e finiamo per farci del male da soli.

Tornando al discorso di sopra, di non essere mai contenti, in particolare sono le aspettative a giocare un ruolo primario nelle delusioni. Cioè le simulazioni, i film mentali che produciamo in continuazione. Costruiamo scenari illusori e poi rimaniamo delusi. Poi ci arrabbiamo con qualcuno, facciamo confronti e paragoni. Lasciamo questioni in sospeso, incapaci di “lasciare andare” quello scenario a cui invece continuiamo ad aggrapparci. Il che ci appesantisce e crea rancore, rimpianto, conflitto, lamento… Sono le cosiddette “emozioni tristi”, che alla fine invadono la vita di molte persone. E si diffondono a macchia d’olio in questa epoca.

È un tema ricorrente nei miei libri, con i quali cerco di dare un aiuto per uscire da questo circolo vizioso. Per avere una vita più leggera, serena e soddisfacente, così come si è, senza bisogno di diventare qualcun altro.

Credo che il prossimo libro, in uscita dopo l’estate, potrebbe sorprendere molti lettori. E spero che potrà essere d’aiuto per tutti.


Ma torniamo al fatto di non essere mai contenti.

Prendiamo la signora Pina, ad esempio. Per anni si è lamentata perché il suo personalissimo film mentale (“voglio il 3% senza rischi”) era in totale contrasto con la realtà dei tassi di interesse sottozero.

Per questo finiva regolarmente per ascoltare i consulenti della Banca Traballa, che le appioppavano prodottini appositamente sfornati per soddisfare in teoria le sue aspettative (ma in pratica il budget della banca).

Oggi che, dato l’aumento dei tassi di interesse, lei potrebbe finalmente ottenere l’agognato 3% (e più) senza particolari rischi… che fa la signora Pina?

Ora si lamenta che il 3% non è abbastanza, perché l’inflazione è salita.

Un classico esempio di corteccia prefrontale malfunzionante…Nel senso che viene utilizzata per creare insoddisfazione e lamento.

Quando si ha a che fare con i soldi, il simulatore nella nostra mente va più in tilt del solito

(ne parlo in abbondanza nel libro Bassa Finanza )


Ad esempio, ci sono quei risparmiatori che, se gli spieghi troppe cose, se sei troppo trasparente, loro si arrabbiano con te. Davvero un curioso meccanismo psicologico.

Come diceva lo scrittore W. Somerset Maugham:


“È pericoloso far venire il pubblico dietro le quinte. Disillusi si arrabbiano con te, che gli hai sciupato l’illusione che amavano.”


Poi ci sono quelli che proprio non riescono ad avere pazienza e a farsi consigliare. Prendete Bottavio, ad esempio. Lui che da quando è in pensione (dall’età di 33 anni, con 15 anni 6 mesi e 1 giorno di contributi) ha sempre e solo investito in Bot, Btp e Cct.

Negli ultimi anni, visti i tassi a zero, ha comprato Btp con scadenze sempre più lunghe (perché rendevano qualche spicciolo in più), senza capire (né voler ascoltare) che si stava esponendo a un grosso rischio.

Nel 2022, con i rialzi dei tassi di interesse, il suo portafoglio “Prudente” con i Btp ha perso il 25%, bruciando in un anno un quarto dei suoi risparmi accumulati con il… duro lavoro.

A quel punto Bottavio ha deciso che per recuperare era necessario un atto di coraggio. Consigliato dal suo bancario di fiducia, si è lanciato su investimenti in fondi azionari della Cina, perché i gestori e gli analisti avevano aspettative assai positive. Quando sale si vede prima. In fondo è facile.

Solo che la borsa cinese ha pensato bene di scendere del 25% da allora. Bruciando un altro quarto dei risparmi di Bottavio.

Così, ora che potrebbe finalmente tornare a investire in Bot a 1 anno al 3% … non lo può fare perché ha il portafoglio incastrato con una perdita del 50%.

A volte i film mentali ci fanno prendere decisioni sbagliate, o rischiose. Non capita solo a Bottavio…

Secondo le case di investimento Fidelity e Vanguard, negli Usa un quarto dei risparmiatori sopra i 75 anni hanno il portafoglio investito praticamente al 100% in azioni.

Chilavrebbemaidetto.

Meglio fa Padre Graziano, che affida l’ingente patrimonio dell’Opera Pia Immacolata Addolorata (alimentato dai lasciti delle vecchine devote) alle cure della Bella Figheira, la consulente Top della Banca Private Deluxe.

Grazie ai sofisticati tools di controllo del rischio, il portafoglio è ben diversificato in asset class selezionate e decorrelate, ben bilanciato e coerente con il profilo di rischio e l’orizzonte temporale, e grazie all’utilizzo di prodotti di investimento di ottima qualità ha fornito negli anni un rendimento costante di poco superiore al 3%, rispondendo in pieno alle esigenze espresse dal cliente. L’unica cosa che sfugge a Padre Graziano è che i costi annui della gestione – oltre ai bonus e incentives per la Bella Figheira – sono anche loro di poco superiori la 3%.

Ma non sarò certo io a dirglielo (che sennò dopo ci vuole l’esorcista).


Ma quindi, ora che si fa?


Cerchiamo intanto di non farci “travolgere” dalla quiete rose & fiori che si respira da un po’ di mesi sui mercati. Dopo un 2022 particolarmente brutto, analisti, economisti e astrologi si sperticavano in previsioni tetre anche per il 2023. Che ovviamente, per il momento, sono state smentite. Matuguarda.

Come dicono i F.lli Boscoli: fare previsioni è un compito piuttosto difficile, specialmente se riguardano il futuro.

Fatto sta che gli indici delle principali Borse da inizio anno sono praticamente tutti in rialzo (Cina esclusa). Si va dal +15% degli Usa, al +26% dell’Italia, fino al +35% del Nasdaq (i tecnologici Usa). Così, naturalmente l’ottimismo dilaga e in molti stanno allegramente aumentando gli investimenti rischiosi.

Zio Nino da Trapani (detto Trapanino), ad esempio è convinto che questo sia l’inizio di un nuovo mercato rialzista pluriennale epocale globale, e la sua esposizione alle azioni è passata dal 90 al 120% del portafoglio.

Questo ottimismo si vede bene nell’indice Vix, che misura le aspettative future di volatilità del mercato. In pratica il suo andamento rappresenta l’aumentare o il diminuire della paura e preoccupazione per il futuro. Il valore attuale di 14, più che dimezzato rispetto allo scorso ottobre, rappresenta una visione particolarmente rosea del futuro.



Quando il Vix è molto basso significa che gli operatori di mercato sono estremamente rilassati. E, generalmente, prima o poi vengono svegliati di soprassalto da improvvisi picchi di volatilità, cioè cali di mercato e conseguente impennata della paura.

In pratica, chi compra quando il Vix è molto alto (in mezzo al panico) o vende quando il Vix è molto basso (iper ottimismo) non se la cava troppo male. Ma Zio Nino è un vero maestro nel fare l’opposto.




Attualmente una delle aspettative principali che rende “rilassato” il mercato è che i tassi di interesse inizieranno presto a scendere. Il che in realtà è tutto da vedere. Ma in ogni caso sembra molto improbabile che i tassi potranno tornare a zero o sottozero, livelli che hanno gonfiato la bolla speculativa e creato eccessi che probabilmente richiederanno ancora tempo per essere smaltiti (e lo smaltimento non sarà a costo zero).


Da parte mia, continuo a non avere particolari certezze sugli andamenti futuri. Motivo per cui, ormai da più di tre anni ho adottato un modus operandi un po’ diverso rispetto a prima. La cosa è iniziata a febbraio 2020, quando decisi di rimuovere i trailing stop da Hershey e Microsoft. Scrivevo:

“Sono azioni di aziende con business talmente efficienti che a uno gli verrebbe la tentazione di non venderle mai e anzi, nel caso di rovesci di mercato, approfittarne per acquistarne ancora.

Non è che non si guarderà più l’andamento del titolo, ma ciò che si rimuove è l’automatismo della vendita…


Poi, a maggio 2020, dopo i crolli della pandemia, con 50 stop loss e trailing stop scattati (che comunque hanno ben protetto i portafogli da possibili disastri), ho sviluppato ulteriormente l’approccio e ho ricomprato una serie di titoli che erano appena usciti dai Portafogli a causa della volatilità estrema del periodo (Alphabet, Coca Cola, American Express, Visa…).

Scrivevo:


Con questi titoli attuo un cambio di prospettiva.

Sono infatti titoli che forse vale la pena tenere lì senza troppo preoccuparsi delle oscillazioni, perché nel lungo termine hanno sempre portato ottimi risultati. Quindi, non una speculazione, ma il tentativo di cogliere un'opportunità di ingresso.

Di conseguenza, per loro non metterò stop loss e trailing stop.

Sono posizioni che secondo me devono essere realmente di lungo termine. E se non si è disposti a tollerare oscillazioni e volatilità, meglio lasciare perdere.

Ovviamente potrei sbagliarmi. Mi conforta però Warren Buffett, che dice:

“Ho fatto talmente tanti errori, che se tutte le volte mi prendessi a calci le mie gambe sarebbero esauste”.


Un approccio del genere può sembrare più facile rispetto a comprare e vendere frequentemente, ma in realtà no. Ad esempio, nel dicembre 2020 ho ricomprato Meta (che allora si chiamava Facebook). Il titolo mi ha ringraziato per la fiducia iniziando… a scendere costantemente. E rimettere il “Buy” (l’asterico verde) a gennaio di quest’anno, dopo due anni di discesa, con la posizione a -47%, non è stato per niente semplice:



Ma chi avesse comprato Meta a gennaio a 129 dollari, oggi sarebbe molto contento, dato che è salita fino ai 300 di oggi.

A dicembre 2021 Microsoft valeva 340 dollari. Dopodiché è scesa fino ai 220 di gennaio 2023, un -35% che avrebbe fatto scattare lo stop loss, se ci fosse stato. Invece di vendere, a quel punto ho rimesso il “Buy”, perché, dato il titolo di cui stiamo parlando, mi è sembrata un’opportunità di acquisto invece che un’occasione per scappare. Oggi Microsoft è di nuovo a 340 dollari o giù di lì.


Ci vuole pazienza, insomma. Senza preoccuparsi troppo delle oscillazioni, delle notizie… Senza guardare i risultati momento per momento.


La pazienza è una cosa che fa molto bene ai Portafogli, anche perché consente di accumulare i dividendi. E accumulare i dividendi (possibilmente reinvestendoli nelle stesse azioni) è una delle cose migliori da fare: nel lungo termine ha un grande impatto sulla performance.

Secondo una ricerca, investire 10.000 dollari semplicemente nell’indice S&P 500 nel 1961 (senza più toccarli!), avrebbe portato ad avere nel 2021 l’interessante cifra di 650 mila dollari.

Ma investire inizialmente 10.000 dollari e poi reinvestire via via i dividendi nelle stesse azioni, avrebbe portato nel 2021 ad avere accumulato… oltre 4 milioni di dollari. È il potere dell’interesse composto (l’interesse che si accumula sugli interessi), che nel lungo periodo agisce come un moltiplicatore sempre più forte.



E poi c’è un altro fattore molto importante da considerare.

Le aziende virtuose (e profittevoli) hanno la buona abitudine di aumentare costantemente negli anni i dividendi distribuiti agli azionisti. Ciò significa che anche il peso percentuale del dividendo aumenta rispetto al prezzo iniziale del titolo (il prezzo di carico).

Un esempio.

Nel 2010 ho comprato azioni della Hershey a 36 dollari.

Nel 2010 la Hershey pagava un dividendo annuo di 1,28 dollari, pari a circa il 3,5% rispetto al prezzo di carico.

Ma ogni anno la Hershey ha gratificato gli azionisti aumentando il dividendo, che per il 2023 è di 4,14 dollari. Una cifra che rappresenta l’11,4% rispetto al prezzo di carico di 36.

Il che significa che oggi i titoli della Hershey comprati nel 2010, rendono l’11,5% l’anno solo di dividendi.

Lo stesso calcolo lo possiamo fare per Microsoft, che all’epoca dell’acquisto (nel 2012) pagava un dividendo di 50 centesimi, salito oggi fino a 2,72 dollari. Considerato il prezzo di acquisto iniziale di 31,8 ciò significa che le azioni Microsoft in Portafoglio rendono l’8,5% annuo solo di dividendo.

Stesso ragionamento può essere fatto per titoli come Coca Cola e Apple, che nel tempo sono stati venduti e ricomprati più volte.

Se si prendono i prezzi di carico del primo acquisto (2012 Coca Cola e 2013 Apple), si vede che con il dividendo di oggi Coca Cola rende il 5,4% e Apple il 6,4%.

Anche Nestlé sta beneficiando dello stesso fenomeno, sia pur in modo minore perché in portafoglio solo dal 2017. Ma il fatto che in questi 6 anni i dividendi pagati dall’azienda sono aumentati del 40% ha il suo impatto. Chi compra Nestlé ai prezzi di oggi riceve un dividendo del 2,6%, ma per chi ha il titolo dal 2017, quindi con un prezzo di carico inferiore, il dividendo oggi è del 4%.

Quindi, mantenendo semplicemente i titoli in portafoglio, lasciando che la crescita dei dividendi faccia il suo lavoro, uno si trova a possedere titoli azionari di colossi super sicuri che pagano dividendi talmente alti da sembrare cedole di obbligazioni super rischiose.

In questo caso la pazienza e la calma pagano davvero tanto.



E ora che si fa?

Come sempre se ci si basa su scenari, previsioni e news si rischia di perdere la bussola.

C’è chi dice che siamo entrati in un nuovo bull market, un trend rialzista duraturo che raggiungerà nuovi massimi.

C’è invece chi dice che quello di questi mesi è solo un rimbalzo all’interno di un trend negativo che sarà molto lungo e porterà a un cosiddetto mercato laterale, che va un po’ su e un po’ giù senza una direzione… Un movimento necessario a smaltire anni di eccessi speculativi.

Io francamente non lo so.

Quindi continuo semplicemente a cercare titoli e temi che potranno, spero, essere interessanti indipendentemente dagli scenari.


Ad esempio, il tema della tecnologia medica, il med tech.

Medtronic è una vecchia conoscenza.

L’abbiamo avuta nei Portafogli dal 2014 al 2020 quando, con i crolli del periodo pandemico, è scattato il trailing stop a +85%. Dopo essere rimbalzato e aver raggiunto un picco a fine 2021, il titolo è sceso parecchio: un -33% che ha riportato oggi i prezzi allo stesso livello dell’uscita del 2020.

Mi sembra un’opportunità per rientrare in un’azienda che è un colosso leader nei device del cardiovascolare (dai pacemakers in giù), che da tempo si sta allargando anche nel campo del diabete e della robotica chirurgica (con tanto di Intelligenza Artificiale). Fra l’altro, a questo prezzo paga un dividendo del 3%, che non è da disprezzare. L’azienda è particolarmente sensibile al tema dei dividendi: sono 46 anni che li aumenta regolarmente. Il che è un buon precedente.


Rimanendo su tematiche mediche parliamo di veterinari. Vorrei tornare su Zoetis, leader mondiale nel campo dei medicinali per animali: cani, gatti e non solo.

L’abbiamo avuta in portafoglio dal 2018, uscendo con il trailing stop durante il crollo della pandemia con un +54%.

Anche Zoetis, come Medtronic, è poi rimbalzata raggiungendo un picco a fine 2021, per poi scendere di oltre 20 punti percentuali. Potrebbe essere un’opportunità per rientrare in un campo che sicuramente è in grande espansione.


Un altro tema potrebbe essere quello del petrolio e del gas.

Lo so, ci sono le energie alternative (che abbiamo nel Portafoglio Verdolino) e alla fine andremo tutti con le batterie. Ma, ho il sospetto che il petrolio e il gas naturale continueranno per un bel po’ ad essere necessari.

Al momento il mondo per andare avanti ha bisogno non solo di smartphone e software, ma anche di acciaio, cemento, fertilizzanti… tutta roba che viene prodotta con l’energia dei combustibili fossili.

Una ricerca di Goldman Sachs stima che nel 2021 questi combustibili pesavano per l’81% dei consumi energetici mondiali. Dieci anni prima, nel 2011, la percentuale era dell’82%.

Quindi: in 10 anni, nonostante i proclami, l’utilizzo di gas e petrolio (e carbone) nel mondo è sceso solo dell’1% (!). Nonostante che i governi in quei dieci anni abbiano speso 4 trilioni (quattromila miliardi) di dollari per fare la rivoluzione green. Investimenti efficaci davvero.

Chilavrebbemaidetto.

Dopo essere schizzato oltre i 105 dollari al barile l’anno scorso, il petrolio si è un po’ “raffreddato” scendendo sotto gli 80.

Ne approfitterei per comprare semplicemente azioni di Chevron, uno dei colossi mondiali con giacimenti di gas e petrolio in tutto il mondo. E un dividendo del 3,85%.


Ora parliamo di Asia.

La Cina per il momento la lascio perdere…

Però potrebbe essere interessante il Giappone. La sua Borsa, dopo lo scoppio della mega bolla speculativa alla fine degli anni ’80, è crollata a picco per poi iniziare un movimento laterale estenuante che in 34 anni non gli ha ancora consentito di tornare ai livelli dell’epoca. Nel 1989 l’indice Nikkei raggiunse i 39.000 punti. Da allora è sceso ininterrottamente per 23 anni fino a 8.000 punti, cioè -80%.

Come dicono i F.lli Boscoli: quando sale si vede, ma quando scende fa più male.

Negli ultimi anni è iniziato un tentativo di risalita che ha portato oggi l’indice a 33.000 punti, non lontanissimo dal picco storico. Nonostante questa risalita dei prezzi, le azioni giapponesi risultano, in termini di valutazioni, sempre più convenienti rispetto a quelle Usa.

Se la salita continua e il livello venisse superato, si potrebbe scatenare un po’ di eccitazione sui mercati, soprattutto da parte degli algoritmi piranha automatici. Ma non è solo questo. Intanto la Bank of Japan è praticamente l’unica al mondo a non aver alzato i tassi, il che sta sostenendo la Borsa. E poi il Giappone sta beneficiando delle tensioni fra Usa e Cina (e Taiwan) proponendosi nuovamente al mondo come un polo industriale manifatturiero e tecnologico.


Riepilogando.


Per il Portafoglio giallo compro Medtronic, sul Nyse, cod. isin IE00BTN1Y115

Per il Portafoglio bianco compro Zoetis, sul Nyse, cod. isin US98978V1035

Per il Portafoglio fucsia compro Xtrackers Nikkei 225 Etf, su Borsa Italiana, cod. isin LU0839027447

Per il Portafoglio grigio compro Chevron, sul Nyse, cod. isin US1667641005



I Portafogli Colorati sono stati aggiornati.


E tutto sommato se la stanno cavando bene.

Tornando al tema iniziale, è così facile lamentarsi e non essere mai contenti che ci si prende l’abitudine. Così uno rischia di dare le cose per scontate, come fossero dovute. Si costruisce questo scenario, questo film mentale e poi resta deluso. Così non prova gratitudine per le cose belle che succedono, di cui magari neanche si accorge. E finisce per scaricare sugli altri l’insoddisfazione. Forse è per questo che la gentilezza è diventata così rara. E, quando la usi, in molti ti guardano strano. Che peccato.


I Portafogli Colorati sono una bella cosa. E, almeno per me, non era per niente scontato.

Penso che possiamo essere soddisfatti.


A presto.






Giuseppe Cloza





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